In questa Newsletter si parla di dati. Sono fondamentali ma dobbiamo stare attenti a come li gestiamo. A volte è più efficace la vecchia sana intervista. Ma dove mettiamo tutti questi dati? Beh, semplice nel DNA! Vi sembra incredibile? Ci stanno già lavorando.
In fondo alla newsletter c’è il mio secondo video su YouTube. Parlo lezioni di strategia di Sun Tzu, in particolare di come attaccare il nemico.
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Buona lettura!
I dati sono tanto, ma non tutto
Un recente articolo di HBR pone un’interessante questione: la capacità di raccogliere ed elaborare dettagli intimi e granulari su larga scala promette di scoprire relazioni inimmaginabili all'interno di un mercato.
L’autore racconta che numerose grandi aziende stanno investendo molto sui “Big Data” per raccogliere informazioni di tutti i tipi dai clienti e utilizzarle in analisi sofisticate che vanno a identificare correlazioni altrimenti nascoste. Il rischio è che le aziende si basino esclusivamante su quanto prodotto dal reparto IT e questo può essere fuorviante.
Spesso infatti, i dati possono essere ingannevoli e rischiano di stimolare decisioni errate. L’aspetto più critico è che se le domande sono mal poste, producono dati falsati (garbage in, garbage out), insomma possiamo introdurre dei bias strutturali che rischiano di vanificare il lavoro di raccolta.
Ma come è possibile che accada questo? Il motivo, in gran parte risiede nella percezione dei manager di ciò che i clienti dovrebbero rispondere. Nel caso riportato, gli elenchi delle priorità ottenute tramite i colloqui diretti rispetto alle priorità ipotizzate coincidevano solo per il 50% delle volte.
💥 Molti studi hanno dimostrato che i big data sono spesso "precisamente imprecisi". Ad esempio, uno studio riportato da Deloitte ha rilevato che "più di due terzi degli intervistati ha dichiarato che i dati di terze parti su di loro erano corretti solo dallo 0 al 50 per cento nel complesso. Un terzo degli intervistati ritiene che le informazioni siano corrette dallo 0 al 25% ".
Riflessione
Interagire con i clienti potrebbe non essere così innovativo come investire nei "big data", ma è un’attività condsolidata ed è certamente di successo. E’ quindi necessario seguire le due strade e metterle a confronto, in modo da essere certi che quello che stiamo ipotizzando trovi riscontro nella realtà.
A titolo di esempio possiamo citare il celebre caso del lancio della Lexus. Quando la Toyota decise di lanciare un nuovo brand premium per il mercato americano, dopo numerose analisi sui dati d’uso delle auto premium già sul mercato e i dati dei propri clienti, inviò il team di sviluppo (designer e manager) in California per osservare e intervistare direttamente il cliente target - un dirigente americano, maschio e ad alto reddito - per scoprire cosa voleva in un'auto. Questa conoscenza ha portato a delle direzioni di sviluppo nuove e diverse da quanto immaginato inizialmente da Toyota. Dopo questa esperienza, l'ascolto del cliente è diventato parte integrante della cultura Toyota.
Archiviare i dati usando il DNA
Questa settimana vi parlo di una cosa che sembra fantascientifica e forse non sapete, ma sulla quale stanno lavorando in molti: la conservazione dei dati usando il DNA!
🧬 Sì, sembra incredibile ma entro il 2024 numerose aziende iniziareanno a sperimentare l’uso del DNA per l’archiviazione dei dati per rispondere alla crescita esponenziale della produzione degli stessi, stravolgendo quindi le tecnologie tradizionali di archiviazione che tutti conosciamo. Sempre più spesso, infatti, la sfida non consiste tanto nella raccolta dei dati quanto nella loro archiviazione a lungo termine e in modo sufficientemente sicuro. Al momento infatti, la maggior parte dei dati può essere archiviata per un massimo di circa 30 anni.
👉 Partiamo da un dato: gran parte delle attività che conduciamo sono diventate digitali e la quantità di dati che si genenera, si memorizza e a cui si accede è aumentata in modo esponenziale.
Ad esempio, Google elabora qualcosa come 3,5 miliardi di ricerche ogni giorno mentre su YouTube vengono visti 4,4 milioni di video. Ogni giorno vengono invece caricate su Facebook oltre 350 milioni di foto. Nell’arco di un solo lustro verranno creati quotidianamente a livello mondiale oltre 450 exabyte di dati.
Questo fa riflettere, perché il volume di dati aumenterà ancora molto visto che circa il 40% della popolazione mondiale non è ancora connesso alla rete.
Come funziona?
La tecnologia della memorizzazione dei dati nel DNA consiste nell’utilizzo di dati digitali binari da inserire nella doppia elica, prendendo la codifica binaria e trasformandola in codifica adatta al filamento di DNA. In pratica le sequenze di 1 e 0 vengono codificate secondo le 4 basi (A-T-C-G) che compongono il DNA.
Questo significa che un anno di conoscenza umana potrebbe essere immagazzinato in un grammo di DNA sintetico per migliaia di anni. In effetti, tutta la conoscenza umana potrebbe essere immagazzinata in una piccola quantità di DNA sintetico.
Non solo nel DNA sarà possibile salvare ed archiviare una grande mole e quantità di informazioni (un grammo può ospitare un trilione di gigabyte), ma c’è anche un altro aspetto positivo da tenere in considerazione: l’archiviazione dei dati può avere vita lunga e raggiungere i 2000 anni senza che i dati si deteriorino (almeno secondo quanto riporta l’American Chemical Society).
❓Ma quanti dati si possono davvero archiviare sui geni? Secondo gli scienziati di Harvard, circa 700 terabytes per ogni grammo di DNA. La CEO di Twist Bioscience Emily Leproust, “è possibile salvare tutta la conoscenza dell’umanità nel bagagliaio di una macchina“.
Al momento siamo ancora al livello di sperimentazione di laboratorio perché la parte difficile è proprio quella relativa alla codifica e decodifica dei dati. I molti passaggi per la registrazione dei dati e per il loro recupero richiedono del lavoro manuale in laboratorio che si aggiunge a quello di sofisticate macchine come sintetizzatori e sequenziatori.
Affinché tecniche del genere possano avere un senso come soluzioni di storage commerciale, le complessità e i relativi costi devono essere assolutamente ridotti e ciò può essere fatto solo tramite la totale automatizzazione dell’intero processo ed è quello che i ricercatori stanno tentando di ottenere.
👉 L’obiettivo finale, come spiega Karin Strauss, professoressa di Ingegneria Informatica della UW e ricercatrice senior presso Microsoft, “è mettere in produzione un sistema che, per l’utente finale, assomigli molto a qualsiasi altro servizio di cloud storage: i bit vengono inviati a un data center e archiviati lì e vengono visualizzati solo quando il cliente li desidera. Per fare ciò, avevamo bisogno di dimostrare che ciò è pratico dal punto di vista dell’automazione”.
🤪 Incredibile, no?
Qualche news interessante
Ecco una piccola selezione di notizie trovate in rete che mi sono sembrate molto interessanti:
Uno studio rileva che il 50% dei motociclisti preferisce passare alle motociclette elettriche, soprattutto i più giovani. Finita l’era dei motori che rombano?
👉 ApprofondisciHermès lancia la prima borsa fatta di pelle derivata dai funghi. La maison è il primo grande marchio del lusso a scommettere sul successo dei materiali alternativi alla pelle. E per le start up del settore si aprono nuovi, interessanti scenari.
👉 ApprofondisciMango apre il proprio e-commerce ad altri brand al fine di estendere la propria offerta commerciale a categorie merceologiche complementari, si parte con Intimissimi. Che sia l’inizio di un nuovo modello di business con e-commerce proprietari che diventano piattaforme?
👉 Approfondisci
Il libro della settimana
L’innovazione, ancora oggi, rimane un processo misterioso e poco compreso. Matt Ridley sostiene che dobbiamo vedere l’innovazione come un processo incrementale e fortuito, che procede dal basso verso l’alto e che avviene come risultato diretto dell’abitudine umana allo scambio, piuttosto che come un processo ordinato e dall’alto verso il basso che si sviluppa secondo un piano. Ridley trae queste e altre lezioni dalle storie di decine di innovazioni – dai motori a vapore ai motori di ricerca – e ci dice perché hanno avuto successo o meno.
Matt Ridley - How innovation works
Lo strumento della settimana
Vi segnalo Tally, un nuovo servizio per fare survey. Ha molte funzionalità, è esteticamente appagante come Typeform, non c’è bisogno di conoscere il codice ed è free nelle sue funzionalità essenziali, che però sono molto ricche e capaci di soddisfare le esigenze della maggior parte degli utilizzatori.
Ha anche alcune cose interessanti come il collegamento ad app tipo Zapier e la possibilità di raccogliere pagamenti. Insomma, vi invito a provarlo, secondo me è molto carino.
Quote
Questa settimana citiamo George Patton, noto come il “Generale d’acciaio”:
A good plan executed today is better than a perfect plan executed some indefinite point in the future – George Patton
YouTube - 6 lezioni di Management da Sun Tzu
In collegamento con la citazione precedente, ho ricominciato a leggere “l’arte della Guerra”. Nel video che vi presento oggi ho provato a raccontare 6 lezioni di management da Sun Tzu, derivate dalla lettura di alcuni passaggi.
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This is the end, my friend
Anche per questa settimana finisce qui. Mi raccomando, siate curiosi, fatevi domande e commentate liberamente. Mi aiuterete a migliorare.
Giacomo
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