L’essere umano per sua natura ha bisogno di sfide. Una volta chiesero al celebre scalatore George Mallory: “Perché vuole scalare l’Everest?” e lui rispose “Perché è lì”. Allora perché non viviamo di sfide anche in azienda? Dobbiamo stimolare le persone con sfide avvincenti e coinvolgenti: ecco a cosa servono i BHAG di cui parleremo oggi. Poi parleremo del rebranding di Boss, che ha rivoluzionato le strategie per conquistare le due generazioni hot del momento: Millenials e Z.
Buona lettura!
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Ce l’hai un BHAG?
Qualche numero fa, parlando della Vision, abbiamo citato i BHAG e qualche lettore mi ha chiesto di chiarire meglio questo concetto: cosa sono i BHAG e perché dovremmo averli?
BHAG ( pronuncia “bee hag”) sta per Big Hairy Audacious Goal, un acronimo che indica un grande obiettivo avvincente, audace e difficile da raggiungere, che ispira le persone e a cui dovrebbe aspirare un'intera organizzazione. I BHAG hanno lo scopo di eccitare ed energizzare le persone e sono così intriganti da coinvolgere altre persone. Insomma, sono utili in un mondo in cui gli obiettivi trimestrali e le lunghe dichiarazioni strategiche spesso falliscono.
In effetti potrebbe sembrare controintuitivo fissare obiettivi a lungo termine, specialmente oggi che tutto è velocissimo e in piena trasformazione. Ma per conseguire un successo nel tempo, è necessario lavorare in questo modo. È dimostrato.
Questo termine è stato utilizzato per la prima volta nel libro "Built to Last: Successful Habits of Visionary Companies" di Jim Collins e Jerry Porra (ve lo consiglio sotto) e l’obiettivo è quello di stimolare le persone a lavorare su sfide che richiedono periodi di tempo maggiori rispetto al quadrimestre o all’anno, ma che se eseguiti con successo, possono rivelarsi la pietra angolare per risultati straordinari.
Ma vediamo cosa vogliono dire le parole che compongono l’acronimo:
Big: l’obiettivo deve avere un grande impatto e deve essere qualcosa che ha bisogno di tempo per svilupparsi. Non è un semplice obiettivo, è una sfida entusiasmante.
Hairy: non vuol dire letteralmente “peloso”, come troviamo spesso in giro, ma vuol dire molto difficile da raggiungere, pericoloso e che mette paura (spesso è usato come sinonimo di scary). Per i miscredenti, agevolo lo screenshot.
Audacious: deve essere un obiettivo audace, per coraggiosi. Un progetto è audace quando non è affatto scontato riuscire nell’impresa, quando nessuno pensava che fosse possibile. È audace se sappiamo che ci sono dei rischi e la possibilità di riuscita è scarsa, mettiamo al 30%. Attenzione: audace non vuol dire impossibile, deve esserci sempre una possibilità di riuscita, altrimenti è un’illusione e quindi le persone non si appassionano.
Goal: fino ad ora abbiamo parlato degli aggettivi, ma qui siamo arrivati al succo. All’obiettivo. Cosa differenzia un obiettivo da un sogno? Una data. La data dà un limite entro il quale dobbiamo provare a conseguire il risultato. Questo ci permette di creare un progetto e pianificare le azioni necessarie.
I BHAG in genere si possono racchiudere in quattro categorie principali: un modello, un nemico comune, un obiettivo o trasformazione interna.
Modello: cercare di emulare il successo di una nota azienda. Lo usano molte startup quando dicono di essere "l'Uber o l’Airbnb" del loro settore.
Nemico comune: puntare su un nemico comune, sul sorpasso dei concorrenti, cercando di superare le prime aziende del settore.
Targeting: avere un’obiettivo da raggiungere come “diventare un'azienda da miliardi di dollari” o classificarsi al primo posto nel settore.
Trasformazione: rimanere competitivi rivitalizzando il business (generalmente utilizzato da aziende grandi e consolidate che devono rinnovarsi).
Naturalmente il tuo BHAG deve essere collegato alla strategia sottostante, altrimenti diventa solo un'affermazione ambiziosa o un numero casuale.
L'esempio forse più famoso di BAHG è la dichiarazione di Kennedy del 1961: "Questa nazione dovrebbe impegnarsi a raggiungere l'obiettivo, prima che questo decennio finisca, di far atterrare un uomo sulla luna e riportarlo sano e salvo sulla terra". Il risultato, ovviamente, fu uno storico sbarco sulla luna nel 1969.
Uno dei più grandi valori dietro il BHAG è che fa uscire dal pensare troppo in piccolo e, soprattutto, fissare un obiettivo a lungo termine crea anche un senso di urgenza, incredibile, no?
Come ho illustrato nel post sulla vision, SpaceX che vuole "consentire l'esplorazione umana e l'insediamento di Marte". Questo BHAG, stimola le persone a voler partecipare ad un progetto così audace che non può certo accadere in una compagnia mediocre.
Siamo ancora lontani dall’obiettivo? Certo, ma forse non vi siete resi conto dei progressi di SpaceX in soli 2 anni e mezzo di sviluppo del progetto.
Ecco il senso di urgenza. Elon Musk addirittura mette sempre delle date non raggiungibili che a molti sembrano inutili provocazioni, ma lui pensa che mettere una scadenza ravvicinata, ti costringa a “correre” fin dal primo minuto.
In conclusione, abbiamo visto quanto sia importante avere un BHAG, sia a livello personale che aziendale, e allora concludiamo con la domanda iniziale: ce l’hai un BHAG? Se non l’hai ancora creato, che aspetti?
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Il rebranding di Hugo Boss
Una delle grandi operazioni di rebranding e riposizionamento del 2022 è certamente quella di Hugo Boss. Sotto la direzione del nuovo CEO, l’azienda ha presentato un piano di crescita volto a raddoppiare le vendite entro il 2025 (che già stanno andando benissimo), per arrivare a un giro di affari di 4 miliardi di euro.
Vi ricordate qualche tempo fa quando raccontavo come in certi mercati la “rilevanza” sia essenziale e come le aziende cercano di conquistare le nuove generazioni per tornare ad essere rilevanti nei loro confronti? Ci provano in tanti, ma non tutti ci riescono. Hugo Boss ha fatto di più, ha diviso il brand in due parti e ha spinto tutta la sua strategia sul “catturare” questi due target fondamentali: Millennials e Gen Z.
Il rebranding, infatti non è solo un refresh del logo, che naturalmente c’è stato, ma un ripensamento completo del brand, con una grande novità, non c’è più Hugo Boss da solo, ma ci sono due brand: Hugo, che si rivolge alla generazione Z e Boss che punta sui Millennial (età tra 25 e 40 anni).
Hugo Boss rivedrà anche la strategia omnicanale, fino ad ora concentrata su e-commerce e negozi di proprietà, che sarà riequilibrata verso negozi multimarca e grandi magazzini. L’obiettivo dichiarato è di mettere il cliente in grado di acquistare ovunque voglia senza differenza tra negozi di proprietà o negozi partner, che saranno però selezionati con attenzione.
Il rebranding
Il cambiamento di Hugo Boss è profondo e presenta un ripensamento radicale della direzione strategica, incentrandola su un targeting molto più definito rispetto al precedente. Le conseguenze si ripercuotono ovunque: non solo nello stile di comunicazione, ma anche nel design dei prodotti (più casual), nei materiali e nei colori. Insoma siamo di fronte ad una rivoluzione necessaria per tornare ad essere rilevanti e centrare gli ambiziosi obiettivi di crescita.
“Over the last six years, Hugo Boss has maintained its brand awareness but crucially lost its relevance in the fashion industry. Heritage is great and I realised that the potential of this brand is enormous — but we have to reframe it.” Daniel Grieder, CEO
Le differenze tra i marchi Hugo e Boss non sono sempre state chiare al consumatore finale e questa volta la chiarezza è tutto. I due brand condividono il lettering ma, oltre al target, hanno palette di colori, testimonial e campagne totalmente diversi. Entrambi hanno una direzione più chiara e distintiva, anche grazie all’uso di palette colori ben definite che dovranno caratterizzare la personalitià del marchio: rosso, beige, nero e bianco.
Infine, l’azienda non ha posto limiti all’uso dei testimonial, che sono stati accuratamente selezionati sia per Boss che per Hugo, in modo da “agganciare” i target giusti.
Boss
Per quanto riguarda Boss, che ha focus sui Millennial, lo slogan che sarà utilizzato per la prima campagna è #BeYourOwnBoss e la spesa delle campagne sarà concentrata soprattutto su Instragram.
Per quanto riguarda i testimonial, si parte con le modelle Kendall Jenner, Haley Bieber e Joan Smalls ma si prosegue con Khaby Lame, secondo profilo TikTok più seguito al mondo, l'attore sud coreano con più follower nel suo Paese, Lee Min-ho e il rapper e produttore Future. Poi anche tanti volti del mondo dello sport come il campione di boxe Anthony Joshua, la velocista Alica Schmidt e il nostro Matteo Berrettini che ha anche l’abbigliamento tecnico da usare durante le partite.
"Da Hugo Boss, è un po' inaspettato", riconosce Grieder. “Ecco perché lo amiamo così tanto. Boss, il serio marchio tedesco di sartoria maschile, sta sorprendendo l'intero settore con tutte queste attivazioni che stiamo portando avanti"
Hugo
Hugo, è il brand a prezzi più accessibili che si rivolge alla Gen Z e utilizza testimonial come la ballerina Maddie Ziegler, la modella Adut Akech con il fidanzato rapper e produttore Saint Jhn, il rapper coreano-americano Big Matthew.
In linea con il target, la spesa di marketing sarà concentrata su TikTok e verrà usato lo slogan #HowDoYouHugo, pensato per “solleticare” l'individualità e la fluidità della Generazione Z.
Conclusioni
Questo è certamente uno dei più importanti rebrand fatti negli ultimi tempi, staremo a vedere come andrà a finire, ma l’inizio sembra molto promettente e le campagne sono molto belle.
Rimango con una domanda, secondo voi, come mai Khaby Lame è stato usato per Boss e non per Hugo? Perché è un riferimento per i ragazzi più grandi? Oppure perché è così popolare che ha “meritato” di diventre testimonial per il brand primario, che è Boss? Che ne pensate? Scrivetelo nei commenti!
News selezionate per te.
Ecco una selezione di notizie trovate in rete:
Torna la De Lorean. Vi ricordate la vettura di Ritorno al Futuro? È pronta per tornare sul mercato, questa volta in modalità elettrica. Secondo le prime anticipazioni sarà una sportiva dalle prestazioni molto interessanti e sviluppata in collaborazione con Italdesign.
👉 LinkCoop Lombardia: chiude il ‘Supermercato del futuro’ di Milano-Bicocca. Il negozio, aperto a fine 2016 in collaborazione con Accenture, chiuderà domenica 30 gennaio. L’obiettivo dell’avveniristico punto vendita, progettato dall’archistar Carlo Ratti, era integrare le nuove tecnologie con un ambiente caldo e accogliente
👉 LinkEcco il drone monoposto di FlyNow che costerà come una corsa in taxi. Un mezzo leggero, alimentato a batteria, che nelle intenzioni dovrà essere alla portata di tutti, con un costo molto simile a quello di una corsa standard in taxi.
👉 LinkPelle di funghi, seta fermentata, bucce d’arancia: arrivano i nuovi materiali e invadono la moda. Ma per avere il massimo impatto dovranno passare da essere un'opzione alternativa a un materiale di uso quotidiano.
👉 Link
Il libro della settimana: Built to Last
Ecco il libro dove si parla di BHAG. Gli autori hanno preso diciotto aziende eccezionali e le hanno studiate confrontandole con i principali concorrenti e chiedendosi: "Cosa rende queste aziende diverse dalle società di confronto? E quali sono state le pratiche seguite da queste grandi aziende nel corso della loro storia?"
Ricco di esempi, Built to Last fornisce elementi interessanti per costruire organizzazioni che prospereranno nel 21° secolo e oltre.
Jim Collins & Jerry Porras - Built to Last - Successful habits of visionary companies
Lo strumento della settimana: Deskera
Vanno sempre più di moda i software che integrano più processi (e funzioni) aziendali, che definiscono un vero e proprio sistema operativo aziendale. Oggi vi presento Deskera che, come vedete dalle stelline, è molto apprezzato.
Il costo parte da €99 al mese/utente, ma integra numerose fuzioni. È adatto soprattutto a piccole aziende che con un modesto investimento si digitalizzano in un colpo solo. Certo, non basta un abbonamento, ma è comunque un buon inizio!
YouTube - Il metodo SCAMPER
Capita spesso di dover fare innovazione, magari partendo da un prodotto o un servizio già in commercio. Come fare a generare nuove idee partendo dal prodotto che già abbiamo? Il metodo SCAMPER vi aiuta in questo! (Ma è applicabile anche in molti altri contesti).
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The end.
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Giacomo
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