Oggi parliamo di una parola che in italiano suona male, ma indica un fenomeno in atto ormai da tempo: la servitizzazione, ovvero la trasformazione di prodotti in servizi. Poi parliamo anche del nuovo modello di business delle concessionarie Stellantis.
Buona lettura!
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È il momento della servitizzazione
Fino a pochi anni fa il mondo era diviso in due grandi filoni produttivi: quello dei prodotti e quello dei servizi. Erano completamente diversi, anche a causa delle differenti modalità di gestione del business. In seguito le carte hanno iniziato a mescolarsi e l’avvento del digitale ha portato forti cambiamenti nei prodotti (e nei servizi). In particolare, ha aperto a grandi opportunità, specialmente nelle aziende B2B, che si sono trovate davanti un nuovo mondo da esplorare.
Sto parlando dell’avvento dell’IoT e della fioritura di sensori di ogni tipo nelle macchine industriali che hanno reso possibile l’acquisizione di dati e consentendo un monitoraggio continuo del funzionamento della macchina.
Questa nuova condizione abilita un passaggio che molte aziende “produttrici di macchine” ancora non hanno colto, ovvero che si va verso modelli di business alternativi a quello tradizionale “product based”: il nuovo paradigma degli oggetti connessi è foriero di un cambiamento che consiste nel passaggio dalla mera vendita di prodotto alla vendita di servizi.
Il nuovo paradigma è certamente un’opportunità perché vendere “soltanto” le macchine renderà sempre meno e quindi è necessario, sin da oggi, iniziare a definire nuovi modelli di business e relative strategie che porteranno l’azienda ad essere service-based, al fine di garantire una solida crescita futura.
La ragione è semplice: la macchina è in grado di produrre dati lungo tutto il suo ciclo di vita e questi dati sono diventati “monetizzabili” in svariati modi.
Tuttavia, nonostante stiano già arrivando sul mercato numerose startup che partono dai dati per offrire servizi, tali cambiamenti non appaiono immediati perché anche gli stessi clienti si devono abituare all’idea di servizio, invece che di prodotto. Conosco ancora molti imprenditori che danno valore solo al “ferro”!
Questo porta nell’immediato (ed è un bene) a modelli di business ibridi, dove sopra quello classico della vendita delle macchine si appoggiano quelli nuovi, relativi alla vendita dei dati o all’uso dei dati per la vendita di servizi aggiuntivi come la manutenzione.
La cosa che vorrei sottolineare è che nel medio termine cambierà la raison d'être delle macchine: da produttrici di prodotti ad asset che permettono al cliente di ottenere un beneficio: produrre di più, con più velocità e meglio. Questo implica che se quel beneficio non è più un beneficio, non serve più neanche la macchina e quindi la sostituisco con qualcosa di più utile. Cade tutta la logica degli investimenti a lungo termine: chi vuole più comprare una cosa che magari dopo qualche anno non serve? Preferisco pagarla per il tempo che mi serve, senza sbilanciarmi in investimenti rischiosi.
Anche la progettazione delle stesse macchine non sarà più fine a sé stessa, ma avrà obiettivi che vanno anche al di là della singola unità produttiva. Questa differenza sottile, diventa poi sostanziale in certe situazioni fino al punto in cui un domani anche le macchine potranno essere utilizzate in modalità “pay per use”. È in questa prospettiva che le aziende dovranno relazionarsi con i clienti finali.
Pensate che sia una cosa molto lontana nel tempo? Non lo è.
Qual è il problema?
Molte aziende non sono ancora pronte per questo passaggio. Non basta mettere qualche sensore nella macchina, è necessario sviluppare nuovi modelli di business, nuove proposte di valore e processi mai visti prima in azienda. Ammesso quindi che i clienti siano ben definiti, le aziende devono affrontare gli altri tre grandi aspetti di un modello di business:
Una solida proposta di valore che permette di portare sul mercato la vendita del servizio. Cosa vendo? I dati dei sensori? Oppure sfrutto i dati per vendere al cliente servizi di manutenzione? O magari credo una piattaforma di controllo sulla quale inserire anche altre macchine? Mi spingo in avanti e adotto un modello pay-per-use?(es. installo una macchina, la manutengo e il cliente paga una quota variabile sulla scorta di quanto produce e/o di quanto usa la macchina)
Una mappatura completa del proprio activity system (il sistema risorse, attività e partner che permettono di dare vita alla proposta di valore) che andrà adeguata con i nuovi partner digital, infatti i dati vanno nel cloud, devono essere gestiti, organizzati e resi disponibili all’azienda cliente, per far questo occorrono partner tecnologici “nuovi” e in parte sconosciuti per l’azienda. Non è una banalità.
Un modello di revenue: come si fanno i soldi? Non basta identificare il modello giusto con le relative marginalità, ma è necessario riorganizzare il modello econonomico finanziario dell’azienda valutando l’impatto economico del nuovo (esempio banale: vendo una macchina da 100k oppure un contratto di servizio per 10 anni da 10k annui? La differenza non è da poco).
La transizione implica anche un cambiamento culturale che non può più essere evitato: l’azienda diventa digital e questo cambiamento è strutturale e strategico. Deve essere affrontato con la giusta visione e con i giusti piani di sviluppo, non attaverso piccoli investimenti e gestione ordinaria.
Questa complessità è quella a cui mi riferivo in apertura: è sì una grande opportunità ma per saperla cogliere bisogna essere ben organizzati. Il tessuto imprenditoriale delle PMI italiane non è, in generale, granché pronto a questo tipo di transizione. In molti casi non c’è ancora la mentalità né la visione per questa trasformazione, figuriamoci per implementare nuovi modelli di business.
Il rischio? Essere travolti dalla rivoluzione tech che, voglio ricordarlo ancora una volta, procede con grande velocità.
In conclusione: ogni macchina connessa può generare dati e su quei dati possiamo costruire un nuovo modello di business. Per far questo però è necessario ripensare l’azienda e accompagnarla nella transizione verso il digitale.
Farlo oggi è ancora un’opzione, domani sarà un necessità, dopodomani una questione di vita o di morte. Il futuro è molto stimolante, non è vero?
E voi? Nel vostro settore i dati stanno portando a cambiamenti del modello di business? Scrivetelo nei commenti.
Stellantis “rivoluziona” il modello di business delle concessionarie
Vi ricordate che qualche mese fa Stellantis aveva risolto i contratti con le concessionarie italiane?
Lo aveva fatto annunciando un notevole cambiamento di rotta nella gestione delle stesse, che avrebbero adottato un nuovo modello di business più adatto alle dinamiche contemporanee. Ecco, adesso sta partendo il nuovo modello e la rivoluzione partità dalla rete vendita dei marchi premium di Stellantis.
Le concessionarie venderanno le auto per conto del Costruttore trattenendo una fee commerciale.
Il modello consente un grande vantaggio a entrambi gli attori della distribuzione: Stellantis controlla meglio i volumi di produzione (evitando i piazzali pieni che impattano negativamente sui margini) e il prezzo di vendita, mentre i dealer non sono costretti a immobilizzare i capitali in stock di vetture.
In questa prima fase però saranno coinvolti solo i marchi premium della casa automobilistica: Alfa Romeo, Lancia e DS.
Mi vengono in mente tre considerazioni:
Il fatto dei piazzali pieni mi sembra un po’ anni ‘80. Chi è che nel 2021 non produce seguendo la domanda? Tra l’altro, basta andare in qualsiasi concessionaria per rendersi conto che, a parte i pochi modelli in mostra, le auto sono sempre in ordinazione. Tuttavia, ritengo che un minino di produzione senza ordinazione sia necessario, da un lato per fare da cuscinetto alla produzione, dall’altro perché c’è sempre una quota di domanda “improvvisa” che vuole l’auto subito e non vuole aspettare due/tre mesi per averla. Un 20/80 di paretiana memoria sembra essere un buon equilibrio.
Quanto scritto sopra va in contrasto con le informazioni che circolano su Alfa Romo (in perenne crisi) che pare produrrà solo ed esclusivamente su ordinazione.
Non conosco la situazione DS, ma Alfa Romeo e Lancia (sono i tre marchi premium di Stellantis) sono praticamente inesistenti, è rimasto veramente poco dei due marchi italiani. Ho letto che entrambi dovrebbero ripartire con nuovi modelli all’orizzonte e me lo auguro perché se lo meritano. Ma non scordiamoci che Fiat non è mai stata capace di gestire questi marchi adeguatamente. Lancia addirittura ha un solo modello: la Ypsilon. Con questo cambiamento temo che i due marchi vadano ancora più in difficoltà.
Azzardo una previsione. Lancia muore e diventa un allestimento premium degli altri marchi, Alfa Romeo viene venduta, oppure diventa la versione sportiva degli altri marchi (es. un modello Peugeot rivestito in stile Alfa) da vendere su ordinazione ai nostalgici del biscione, gli ormai quasi estinti “alfisti”.
Qualche news interessante
Ecco una piccola selezione di notizie trovate in rete che mi sono sembrate molto interessanti:
Ogni volta che Whatsapp ha problemi, i concorrenti godono. Durante il blackout scorso, in un solo giorno Telegram ha conquistato 70 milioni di utenti! E voi siete su Telegram?
💥 Vi piacerebbe avere un canale di news sui nostri temi? Ci sto pensando, magari fatemi sapere se è uno sforzo inutile.
👉 LinkVi ricordate la puntata sui Robot? Durante il lockdown è stata lanciata in Francia una nuova catena di food (di successo) dedicata alla pasta: Cala. Ecco, quella pasta è cucinata da un robot. L’azienda ha già ricevuto 7,5 milioni di dollari in funding.
👉 LinkSKY si lancia nell’hardware con Sky Glass, la sua TV. Chiamarla TV non è proprio corretto perché non ha tuner, ricezione satellite o altro, ma sarà soltanto utilizzabile per streaming, in pratica è un monitor 4K con il sotware per la gestione dello streaming (come avere SKY Q sul televisore). Sarà lanciata in Italia nel 2022.
👉 Link
Il libro della settimana: La servitizzazione
In continuità con questo numero vi segnalo questo libro dell’ottimo Roberto Siagri, ex-CEO di Eurotech, che si è preso da poco un anno sabbatico. Il libro è in uscita il 14 ottobre ed è già pre-ordinabile su Amazon.
Il libro è utile a comprendere l’epocale trasformazione che il digitale sta compiendo; nei modelli di produzione, di fruizione dei prodotti e i vantaggi che porterà nelle nostre vite. Se siete interessati al tema di questa puntata di GM Picks, è certamente un testo da non perdere.
Roberto Siagri - La Servitizzazione
Lo strumento della settimana: Qlik
Vi presento Qlik, una soluzione per l’analisi dei dati. La piattaforma è abbastanza unica perché consente un'esplorazione aperta senza vincolarsi a query specifiche, ma rendendo possibile l’analisi e la navigazione nei dati muovendosi, come dicono loro, sull’onda della curiosità.
“Puoi immergerti, notare qualcosa di interessante e lasciare che l’analisi ti conduca in posti che non avresti potuto prevedere. Qlik suggerisce persino approfondimenti, in base a ciò che vede nei dati. È questa esplorazione libera e guidata dalla curiosità che si traduce in scoperte sorprendenti e trasformative”.
Sembra incredibile? Allora provalo, è possibile anche una prova gratuita.
YouTube - Analisi RFM
In questo video parlo di analisi RFM, una metodologia per analizzare e segmentare la base clienti secondo tre direzioni: quanto recentemente un cliente ha acquistato (Recency), quanto spesso acquista (Frequency) e quanto spende (Monetary).
L'RFM permette di identificare i comportamenti d'acquisto dei clienti in modo da poterli dividere in cluster: i migliori clienti, quelli che vengono spesso, ecc. Una volta segmentati, possiamo creare delle azioni di Marketing specifiche e quindi più efficaci. L’avere mai usata?
This is the end, my friend
Anche per questa settimana GM Picks finisce qui, se ti è piaciuta inoltrala a qualche amico e digli di iscriversi! Ti è piaciuta veramente tanto? Pagami un caffè. 😎
👉 Sono a tua disposizione per approfondire i temi trattati.
Giacomo
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